Recensione del film Diamanti di Ferzan Özpetek 

L’universo femminile si rivela davanti agli occhi degli spettatori come un ventaglio variopinto, nell’ultimo film del regista Ferzan Özpetek, Diamanti. Al centro della narrazione troviamo le protagoniste, Alberta  e Gabriella, interpretate da Luisa Ranieri e Jasmine Trinca, due sorelle che hanno fondato una sartoria specializzata nella realizzazione di costumi di scena per il mondo dello spettacolo.

L’ambientazione negli anni ’70 rievoca gli anni in cui Özpetek, giovane aiuto-regista, ha vissuto la magia della sartoria Tirelli di Roma, luogo iconico della creazione di costumi teatrali e cinematografici. La stessa magia viene restituita  grazie alla presenza di vere sarte nel cast, all’ambientazione in un set interamente ricostruito e alle splendide e suggestive location.

Oltre alla complessa relazione tra le due sorelle, che avranno modo di confrontarsi e riscoprirsi, la storia si sviluppa attorno alla creazione di una serie di costumi di scena, in collaborazione con la costumista premio Oscar Bianca Vega, interpretata da Vanessa Scalera, personaggio che attraverso una sapiente decostruzione si svelerà presto al grande pubblico.  Inizialmente presentata come un genio incompreso capace di trarre ispirazione da dettagli apparentemente insignificanti, come l’involucro di una caramella, si mostrerà poi profondamente insicura riguardo al suo talento quando le sue scelte vengono messe in discussione dall’arrivo del regista Stefano Accorsi.

Un’altra storia di rilievo in Diamanti è quella di Nicoletta, interpretata da Milena Mancini, una donna vittima di abusi da parte del marito (Vinicio Marchioni). La trasformazione di Nicoletta viene raccontata in modo corale, grazie al supporto delle altre donne e al ruolo dell’amica e spalla comica interpretata da Geppi Cucciari, che permette al personaggio di ritagliarsi uno spazio più ampio rispetto agli altri.  La narrazione si interrompe per far spazio a momenti di backstage in cui il regista espone apertamente le sue intenzioni: lavorare con un cast esclusivamente femminile e creare un’opera che celebri le donne.

Due dichiarazioni ridondanti, visto che il film stesso e il cast già comunicano chiaramente questa scelta. Inoltre, la presenza del regista conquista con potenza la scena, nel momento in cui si rivolge direttamente agli spettatori e in una delle scene finali, con il suo abito di scena, l’attrice Elena Sofia Ricci (dopo aver dichiarato nel precedente intermezzo di non poter prendere parte al film per motivi personali) offre a Özpetek un ulteriore spazio per le sue riflessioni personali.

Elemento che viene esplicitato nel messaggio finale, che recita: «Il film è dedicato a Mariangela Melato, Virna Lisi e Monica Vitti, tre donne straordinarie con cui avrei voluto lavorare ma, per motivi diversi, non è stato possibile». Una dedica che, pur onorando tre grandi attrici, ribadisce il desiderio del regista di presentare le donne attraverso il proprio sguardo, spesso mettendo al centro il suo rapporto personale con loro.

In conclusione, Diamanti  è un’opera che merita una riflessione profonda soprattutto in relazione  ad uno degli aspetti più potenti di Diamanti, vale a dire il tributo che rende alle donne che hanno preso parte, spesso invisibilmente, al mondo del cinema. La presenza di un gruppo di diciotto attrici italiane di grande talento è sicuramente uno degli elementi più riusciti del film, che riesce a creare una sorta di “legame invisibile” tra di loro, unendo storie e personaggi diversi in un quadro coeso ma variegato.

Ogni viso porta con sé una storia personale che arricchisce la visione complessiva, facendo sì che il film non si limiti a una mera rappresentazione storica, ma diventi un affresco di emozioni e situazioni che vanno oltre la superficie. Dunque,  Diamanti è un film che non si accontenta di essere un semplice omaggio alla bellezza del cinema, ma cerca di riflettere sulle sue sfumature più intime, sulle difficoltà e le conquiste delle donne.

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